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lunedì 24 giugno 2013

Sistema Giacchetto, gli editori con i corrotti

Il “Sistema Giachetto”, scoperto dalla Guardia di Finanza di Palermo è in realtà una sorta di modello plastico che spiega bene chi, come e perchè ha condannato la Sicilia alla povertà ingurgitando e sprecando risorse immense per laidi arricchimenti personali, per alimentare una rete di magnaccia travestiti da politici, dirigenti pubblici, editori, sedicenti manager.

 Tutta gente che solo a vederla o sentirla parlare non avrebbe trovato asilo in nessun consesso civile. In Sicilia invece comandavano, e pretendono di continuare a comandare. A ben leggere quanto sta emergendo, viene da pensare che un sistema così spudorato e miserabile non sarebbe sfuggito neanche ad un audit di livello elementare e invece si è ingozzato almeno a partire dal 2006, indisturbato, coinvolgendo sempre più clientes, sempre più complici. Milioni e milioni a go go che non si capisce ancora come finivano nella disponibilità pressochè totale di questo Giachetto che se ne accaparrava e poi li distribuiva, riuscendo a fare di ogni interlocutore un complice. Politici, dirigenti, editori, tutti "affidabili", tutti a disposizione. Dai viaggi intercontinentali, ai vini di pregio ai biglietti dello stadio, agli zainetti, tutto faceva brodo per tessere la rete.

Miseria tanto incredibile quanto sotto gli occhi di tutti. Come sotto gli occhi di tutti passavano improbabili “pubblicità istituzionali”. Manifesti, 6X3, spot radio ed in televisione, intere pagine sui giornali a reclamizzare servizi assurdi con sigle strane “con fondi POR- PO FESR- MIN, etc etc. Dietro c'erano i fondi che progetti europei da decine di milioni di euro destinavano alla “comunicazione”. Si “comunicavano” corsi pressochè inesistenti, con nessun iscritto ed in ogni caso con nessun assunto. Ma la loro pubblicità si pagava a milioni.



Di quelli ingurgitati dal CIAPI e Italia Lavoro Sicilia, decine di milioni di euro, molti sono stati spartiti tra lo stesso Giachetto e i maggiori editori dell'isola, che non solo non si sono mai chiesti i motivi di tutta questa munificenza, ma ritenevano del tutto “normale” stornare allo stesso Giachetto, o alla di lui moglie, addirittura il 50% dell'intero fatturato sotto forma di provvigioni. Tra "Pubblicità Istituzionali" e "Grandi Eventi", le due grandi inchieste della Procura di Palermo, sono centinaia i milioni sottratti alla Regione Sicilia.

 Dal 2006 al 2009, il Ciapi ha pagato alla Damir due milioni 579 mila euro. Un milione 150 mila la società ha stornato a Giacchetto. Nello stesso periodo, il Ciapi ha pagato alla Alessi 2 milioni 599 mila euro: 981.807 sono andati a Giacchetto. Alla Gap (agenzia della Mondadori pubblicità), il Ciapi ha pagato fra il 2007 e il 2010 un milione 461 mila euro, di cui 804.337 per il solito Giacchetto. La Novantacento (che gestisce I love Sicilia, il mensile S, Il Palermo, LiveSicilia.it) ha avuto invece dal Ciapi, fra il 2007 e il 2009, 958.920 euro. A Giacchetto ne sono andati 390.890. I fondi europei che potevano, dovevano servire a colmare il gap di “regione svantaggiata” finivano nelle tasche di gaglioffi che con quei soldi facevano la bella vita nelle suite di alberghi di lusso newyorkesi. Una meschinità senza fine.

Alcuni editori hanno la faccia tosta di dare giustificazioni balbettanti, sostenendo che i prezzi maggiorati alla pubblica amministrazione rappresentino la prassi e che le provvigioni pagate a Giachetto o alla moglie fossero sì un po' alte (il 50%!) ma necessarie per non rimanere fuori dall'affare. Come fossero giustificazioni plausibili e non l'ammissione di essere stati proni all'inquinamento subdolo di un'informazione che veniva drogata e annichilita da fiumi di denaro rubati alla povera gente. Leggiamo su La Repubblica: Ma a che titolo Giacchetto decideva la sorte di tanti soldi pubblici? E a che titolo riscuoteva poi dei fantomatici "diritti di agenzia"? Mirri ha dovuto ammettere: "Non ho mai saputo quale fosse il ruolo o l'incarico formale ricoperto da Giacchetto all'interno di tali enti. Ma, era del tutto evidente come lui avesse, di fatto, l'intera gestione degli investimenti pubblicitari". Gaspare Alessi, rappresentante della Alessi spa, ha detto: "Quel 50 per cento era un over decisamente rilevante per la nostra azienda, ma appariva come una valida ragione per non rischiare di essere ridimensionati, marginalizzati o addirittura esclusi". (da Sud di Pierluigi Di Rosa)

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