L’opposizione finge di opporsi ma poi sottobanco chiede essa stessa che venga posta la fiducia. I sindacati si sono dichiarati contrari, salvo dividersi sulle modalità di protesta: 4 ore di sciopero indette dalla CGIL e 2 da CISL e UIL. Dopo la riedizione speciale di Carramba che sorpesa! andata in onda domenica scorsa, Monti ieri sera è andato da Vespa (ma "non per fargli un piacere"), il quale ha rispolverato per l’occasione il suo inconfondibile stile, così riassumibile: “Si faccia domande, si dia risposte, si dia un voto. Bravissimo Presidente!”. I giornali, gli opinionisti e i sedicenti intellettuali italiani si sono lanciati in lunghe articolesse, anch’esse facilmente accumunabili nella logica seguente: “La manovra è dura, chiede enormi sacrifici. Ma la situazione è tragica, i tempi ristretti e il Paese sull’orlo del baratro. Dunque lunga vita a Monti!”.
Però, in fondo, la finanziaria di Monti è un bene. Almeno ha gettato la maschera e ha mostrato da che parte sta. E non è certamente dalla parte della classe media, dei lavoratori e dei cittadini onesti. Se infatti avesse davvero voluto fare dell’equità il punto centrale della manovra, i soldi, anziché chiederli a chi percepisce una pensione di poco superiore ai mille euro, li avrebbe chiesti a chi le tasse non le ha mai pagate, o a chi ha sempre goduto di benefici enormi e insopportabili.
I grandi evasori, ad esempio, quelli che per anni hanno tenuto i propri soldi all’estero, nei paradisi fiscali, e hanno potuto riportarli in Italia grazie allo Scudo Fiscale a fronte di un misero 5% di tassazione e con la garanzia dell’anonimato, si vedranno aumentare il prelievo solo del 1,5%. Si dice che rivalersi su questi capitali sarebbe una violazione del patto con lo Stato. Invece violare il patto sulle pensioni va bene? Se Monti avesse davvero voluto distribuire i sacrifici avrebbe tenuto conto che negli USA, o nel Regno Unito, lo Stato obbliga di tanto in tanto i ricconi a riportare in patria i propri fondi esteri, e su quelli si prende dal 40% al 50%. Dunque perché non adeguarsi agli standard di altri Paesi?
Oppure, sempre se avesse voluto applicare davvero la famosa equità, avrebbe preteso anche dal Vaticano qualche soldino, dal momento che ogni anno, tra ICI, Irap, Ires e altre imposte mancate, alcuni ritengono che il mancato gettito pontificio assommi anche a 6 miliardi di euro. Del resto, proprio il cardinal Bertone ha affermato che “I sacrifici fanno parte della vita”. Evidentemente in certi casi l'eutanasia è più attraente.
Poi ci sono i finanziamenti al TAV. Quarantasette miliardi di euro, secondo il Financial Times, che l'Italia dovrebbe gettare in un progetto che prevede di sventrare le Alpi per costruire una ferrovia che trasporti merci tra Torino e Lione. Anche se quella linea esista già ed è sfruttata soltanto per un sesto delle sue potenzialità. E ben dovrebbe saperlo Mario Monti, lui che è professore, visto che è stata proprio una commissione composta da 130 docenti universitari a mandare una lettera a Napolitano per denunciare l’inutilità dell’opera.
E vogliamo parlare poi dell’assegnazione delle frequenze televisive? Lo Stato oggi regala alle emittenti una cifra stimata in 16 miliardi di euro, cioè più della metà dell’attuale finanziaria. Semplicemente si rifiuta di incassare. Questo, oltre che ad essere equo, sarebbe stato anche un provvedimento che avrebbe messo a tacere le malelingue, che vedono nella nomina di Corrado Passera al ministero dello Sviluppo, delle Infrastrutture e delle Telecomunicazioni una garanzia data da Monti a Berlusconi sull’intenzione di salvaguardare interessi e privilegi del Biscione.
Senza voler poi nominare la spesa militare che per il 2010 è stata di 23 miliardi ma che nel 2011 è destinata ad aumentare, in considerazione della guerra in Libia e di quei 18 miliardi che stiamo spendendo per l'acquisto di nuovi caccia-bombardieri. E senza considerare i 43 miliardi di sprechi nell'amministrazione pubblica derivanti dal mancato sviluppo della banda larga, tutti aspetti considerati in questo post di Claudio Messora. Per non parlare poi dei 98 miliardi di euro che i gestori concessionari del gioco d'azzardo devono allo Stato almeno dal 2007.
Quante finanziarie ci uscivano, professore, quante? Ma forse era più facile, o più strategico, mandare le guardie del Re a prelevare ulteriori raccolti dai granai, depauperando le messi già provate dalla carestia e dall'applicazione di decime su decime. Che si parli dell'antica Roma, dell'alto Medioevo o della grande era della globalizzazione non c'è niente da fare: a pagare è sempre il popolino. Una volta, almeno, non la chiamavano democrazia. Era già qualcosa...
per Byoblu.com: Valerio Valentini
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