Alla fine, Jannat Bibi ha capito che il prezzo pagato per quel letto di seconda mano è stato forse troppo alto. Ora è là, smontato, tavole e materassi appoggiati alla parete del monolocale, triste monumento al volto peggiore della povertà, che aveva costretto Bibi e suo marito Ghualm Shabbir a mandare i bambini a servizio. Shan Ali, il figlio undicenne, andava a servizio da Atiya Al Hussain e Mudassar Abbas, una coppia che abitava in un quartiere elegante di Islamabad. Era da loro che Bibi aveva comprato quel letto a due piazze, prezzo pattuito 18 mila rupie (152 euro), ovvero 3500 rupie (29 euro e 50) al mese, che era la paga mensile per il lavoro che, da quel momento in poi, Ali avrebbe svolto in casa Al Hussaini.
Ali ha continuato a lavorare presso quella famiglia anche dopo che il debito era stato ripagato, fino al 5 gennaio di quest’anno, quando la polizia lo ha trovato morto, il corpo piegato in avanti e una tenda stretta intorno al collo. Suicidio, insistevano i datori di lavoro. In tutta questa faccenda, però, la polizia non ci ha visto chiaro e ha disposto l'autopsia. Ali era stato strangolato.
Durante l'inchiesta, Al Hussaini ha confessato di aver strangolato il bambino in un attacco di rabbia, perché non era stato in grado di calmare il figlio di sette mesi della coppia, che invece voleva riposare.
I datori di lavori di Ali, che sono anche i suoi assassini, sono stati arrestati, ma usciranno di galera a febbraio, dopo aver ottenuto il perdono dei genitori del ragazzo in lutto. "Siamo troppo poveri per affrontare il processo. L'avvocato ci ha detto che ci costerebbe cento - duecentomila rupie (tra 850 e i 1700 euro), denaro che non abbiamo. Viste le circostanze, ci conviene concedere il perdono alla coppia e dimenticare" ha detto al nostro giornale Rubine, la figlia più grande di Bibi. "Il denaro che la coppia ci aveva offerto per risarcimento i miei lo hanno rifiutato".
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