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lunedì 19 marzo 2012

Le favole di LaFornero

Le favole di LaFornero:
Massimo Pizzoglio per il Simplicissimus
Come LaFontaine, LaFornero sta provando ad ammannirci delle belle favolette didattiche, per educare questo popolo infantile ed ingenuo ad accettare il Nuovo Ordine Tecnico che il governo di Mari-o-Monti, abilmente animato dai pupari della compagnia “Spread and Puppet”, sta instaurando nel nostro paese.
Le favole, si sa, sono servite, nei secoli bui dell’analfabetismo quasi totale, a educare la “gente” sui pericoli della vita (manco i poveracci già non se ne accorgessero da soli) e anche a insegnare qualche semplice nozione scientifica.

Le favole venivano poi raccontate la sera intorno al camino, o più sovente nel caldo della stalla, dall’anziana della casa, che le aveva imparate a memoria e le ripeteva, sempre uguali, perché anche i piccoli ascoltatori, a loro volta, le metabolizzassero come reali e le memorizzassero per tramandarle alla progenie.



Il tono era, di solito, un po’ cantilenante, con la rigida accondiscendenza di chi accetta un po’ di resistenza all’apprendimento da parte di un pubblico infantile, ma che comunque non mette in discussione l’assorbimento finale della morale delle fiabe, “giusta” per definizione.
E ieri sera dal marchettaro Fazio, LaFornero ha fatto la nonna di noi tutti, anzi la suocera, e ci ha raccontato alcune favolette (lei avrebbe preferito delle parabole dal pulpito, ma essendo donna, non può celebrar messa e questo le rode, oh se le rode…) sul meraviglioso mondo della riforma del lavoro.
Ci ha raccontato quanto male vivano i lavoratori adesso (e fin lì le si poteva anche dar ragione), soprattutto quelli con un posto fisso, carichi di inutili privilegi e legati da insopportabili diritti, come catene al collo nelle segrete del castello.

E di come, grazie al principe dalla cravatta azzurra, si possano finalmente sgravare da questi vincoli e correre, finalmente liberi, nudi e disoccupati in un nuovo mondo mentre nel cielo si materializza un arcobaleno con la scritta: Dinamismo!
Sì, proprio dinamismo, come i sogni futuristi di Marinetti & co., con i miti di velocità, meccanica, scienza… D’altra parte, rimarca la suocera narrante, è un governo tecnico!
E così si passa alle scienze naturali, all’etologia.

Ci parla di “Contratto dominante”, una specie di contratto-alfa, il capo branco che comanda su tutti gli altri e si sceglie le contratte migliori per accoppiarsi. Nella stagione degli amori, l’autunno caldo, il contratto-alfa viene sfidato da altri contratti più giovani, ma riesce quasi sempre a primeggiare e quando sarà ormai anziano, verrà scalzato da un altro più forte.

Perché così va la vita, perché così ci chiede l’Europa.
Nelle fiabe, raccontate nel passato a un pubblico povero, ignorante e sovente anche affamato, non manca mai l’accenno gastronomico: e allora, come in Hansel e Gretel, ecco tirare fuori dal cappello magico l’Aspic, o meglio, sembra suoni così l’Assegno Sociale Per l’Impiego.

Noi tutti a guardarla, golosi, in attesa di sapere come fare ad averlo, quell’assegno.

E lei, da brava suocera favoliera, che ce ne meraviglia i pregi e le grandi opportunità, insieme a uno Stato che ci deve accompagnare tenendoci per mano, su una strada di mattoni gialli, a cercare lavoro, in compagnia di un omino di latta, di uno spaventapasseri e di un leone pauroso.

Ma che non ci dice nè come e nè quanto dura nè chi ne abbia diritto, quel benedetto assegno…
E per finire, cari bambinoni che siete stati così pazienti e zitti ad ascoltare, anche un po’ di salute, perché anche quella c’è sempre nelle favole, mica c’erano ancora Mirabella ed Elisir, e allora ecco LaFornero a parlarci di flessibilità buona e di flessibilità cattiva, sì, proprio come il colesterolo, che si combatte limitando i cibi buoni, ma dannosi, come i diritti conquistati in secoli di lotte.
La morale, cari piccini lavoratori e non, è che l’unica flessibilità buona, per questo governo, è la genuflessibilità.

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