Licia Satirico per il Simplicissimus
È possibile che un Guardasigilli di chiara fama non abbia alcun senso dell’opportunità politica? È possibile che lo dissimuli per farsi garante di equilibri innominabili, camuffando le sue scelte dietro fini disquisizioni giuridiche e tacciando gli scettici di incompetenza?
La domanda è probabilmente inutile, come molte delle domande senza risposta sollevate da questo governo grigio di verità apodittiche, poteri forti e diritti feriti. Eppure torna in mente con prepotenza se pensiamo al voto di fiducia alla Camera sul ddl anticorruzione. Con un’elegante inversione anche cronologica di priorità, le riforme insensate saranno varate subito e quelle urgenti rischiano di essere operative tra cinque anni: la dichiarata lotta alla corruzione si è trasformata in una battaglia parlamentare per lo smembramento della concussione, mentre l’incandidabilità dei condannati per delitti contro la pubblica amministrazione potrebbe scattare solo dal 2018, nonostante il tentativo odierno del Pd di rimediare. Il tutto mentre la Pd Franca Chiaromonte e il pidiellino Luigi Compagna rilanciano l’istituto dell’immunità parlamentare, sullo sfondo di ventilati accordi bipartisan per limitare le riforme istituzionali a un rabberciamento del porcellum.
La cosa singolare è che lo spacchettamento della concussione non piace a nessuno, almeno in via ufficiale: il Pdl parla addirittura di disposizioni contra personam, manifestando preoccupazioni per le sorti del falso in bilancio e del bavaglio alle intercettazioni. Saranno in tanti a beneficiare in via ecumenica e transpartitica dell’annunciata modifica legislativa: Filippo Penati, Giampy Tarantini, Alfonso Papa, Alberto Tedesco e molti altri. Silvio Berlusconi, poi, varcherà il Rubycone con una sforbiciata di cinque anni alla prescrizione e dubbi consistenti sulla possibile abolizione del reato contestatogli dai giudici di Milano. Non è ancora abbastanza: occorre prevenire il rischio che il passaggio al Senato restituisca alla nuova legge elementi di efficacia e ragionevolezza.
È poco dire che ci sentiamo presi in giro: una riforma nata per colpire quella corruttela che, secondo la Corte dei conti, costa allo Stato 60 miliardi di euro l’anno, si è trasformata nel sezionamento chirurgico del più grave tra i delitti dei pubblici ufficiali. La concussione diventerà un reato bonsai, almeno nella sua forma – ordinaria – di “indebita induzione”: la pena sarà abbassata, la prescrizione abbreviata e l’interdizione dai pubblici uffici aggirata. Eloquente è la scomparsa, nel testo legislativo, dello stesso termine “concussione”: se le parole hanno un senso, ne ha uno anche la loro morte annunciata.
Si potrebbe dire, beninteso, che la riforma voluta dal ministro Severino introduce maggiore rigore su reati minori e amplia le fattispecie punibili, e tuttavia ciò rende la morte della concussione ancora più inutile e dannosa: non solo per l’impatto disastroso della nuova normativa sull’emergenza corruzione denunciata dai giudici contabili, ma per le conseguenze politiche immediate da saldi di fine stagione. E potrebbe non essere nemmeno la fine della stagione: non, almeno, fino a quando non avremo la certezza che gli assassini della concussione, che stanno votando il disegno di legge in patente conflitto di interessi con se stessi, non potranno tornare a candidarsi nella prossima legislatura e nelle successive, in saecula saeculorum.
Qualche giorno fa il ministro Severino, in un’intervista a Repubblica, si disse certa dell’appoggio della dottrina penalistica più qualificata e rimbrottò i critici della riforma accusandoli di non essere esperti della materia: un’affermazione in stile Fornero, offensiva verso chi, pensandola in modo diverso, non è evidentemente qualificato responsabile competente realista. Come me, che continuo a trovare eufonica la parola “concussione” e spero di sentirla risuonare ancora a lungo nelle aule giudiziarie.
La via dell’inferno è lastricata di buone induzioni. Si potrebbero dire tante altre cose sulla somma perizia con cui ci si sente inattaccabili, supportati dalla scienza. Per ora ci viene in mente solo l’ode alla cipolla della Szymborska: «e a noi resta negata/ l’idiozia della perfezione».
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