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martedì 13 marzo 2012

Un paese che non garantisce a tutti la salute

Un Paese diseguale e spaccato dalla crisi: così appare oggi l' Italia, e la sanità non fa eccezione. Ecco solo alcuni dei dati forniti recentemente dall' Agenzia Nazionale Sanitaria (Agenas): i parti cesarei in media nazionale sono 28,3%, in Lombardia variano a seconda delle strutture tra il 4,2% e il 48,3%, in Sicilia tra il 6,8% e il 90%; i tempi di attesa di un intervento per frattura del collo del femore variano in Lombardia da 2 a 8 giorni, in Calabria da 6 a 31 giorni, in Campania da 1 a 31 giorni.

È accettabile che nel 2012 un ospedale abbia una percentuale di tagli cesarei del 90% o un tempo di attesa per operare una frattura femorale di un mese? Purtroppo anche altre importanti disuguaglianze sono sempre più evidenti nella nostra sanità: quelle relative alla possibilità di accesso alle cure e alla prevenzione. Ticket e crisi economica si fanno sentire: i pazienti cominciano a chiedere se un esame è proprio necessario, se la visita di controllo non può essere rinviata di qualche tempo, mentre gli accessi nei Pronto soccorso dei codici verdi, quelli che riguardano i disturbi minori, aumentano.

Il fenomeno è ancora più significativo nella prevenzione: si va meno dal dentista o dall'oculista, si controlla meno il colesterolo per evitare spese e i problemi si affrontano solo quando cominciano a dare fastidio, con costi umani, sanitari e sociali molto maggiori.
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Anche l' investimento sulla correzione degli stili di vita deve essere concreto: possiamo, ad esempio, aprire gratuitamente le piscine e le strutture comunali ai ragazzi per consentire di fare sport a chi non può permetterselo? Nelle discussioni che accompagnano in questi giorni il nuovo Patto per la Salute, un punto chiave è la revisione a livello nazionale dei Lea, i Livelli Essenziali di Assistenza, ovvero le prestazioni che devono essere assolutamente garantite per tutti e ovunque dal Ssn. (corriere.it)

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