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sabato 3 dicembre 2011

L’ARRESTO DELL’ ON. ROBERTO CORONA (PDL): La storia di ‘Robertino’. Dalla Dc al Pdl, il mondo del commercio come area di caccia. Lo sconcerto del Pdl e gli scenari destinati a cambiare radicalmente. Buzzanca: «È un terremoto». Sarà rinviato il Congresso di dicembre

«È un terremoto». Questa è l’unica reazione ufficiale del sindaco Giuseppe Buzzanca, uno dei due coordinatori del Pdl messinese. L’altro, l’on. Roberto Corona, è “momentaneamente assente”.

Non è ironia, ma la realtà dei fatti: ieri si sarebbe dovuto tenere un vertice tra i due responsabili cittadini del partito di maggioranza, sollecitati dal segretario nazionale Angelino Alfano ad avviare la macchina organizzativa dei Congressi del Pdl a Messina e in provincia. «C’eravamo sentiti nella serata di giovedì, mi aveva detto che sarebbe rientrato da Roma», aggiunge Buzzanca, sconcertato.

Ma a Roma l’on. Corona è rimasto, portato in carcere dagli agenti del Nucleo di polizia valutaria della Guardia di finanza nell’ambito dell’inchiesta sul rilascio di false polizze fidejussorie e su altri reati connessi al ruolo svolto dal deputato messinese alla guida dell’Ascom Service. E in riva allo Stretto il Pdl, che già non godeva di buona salute, affonda nel panico. «Ora che si fa», chiedono in molti a Buzzanca.



I più preoccupati sono coloro i quali hanno aderito alla componente che a Corona fa riferimento, primo fra tutti l’assessore comunale Pippo Isgrò. Il Congresso era stato già programmato prima di Natale ma quasi certamente verrà rinviato. Corona, in attesa di chiarire la propria posizione giudiziaria, probabilmente si autosospenderà dalle funzioni ricoperte all’interno del partito. Gli scenari, in evoluzione già da diversi mesi, sono destinati a mutare radicalmente. L’alleanza politico-amministrativa con l’Udc (finito anch’esso in una bufera giudiziaria, viste le indagini a carico di uno dei leader, l’on. Pippo Naro, nella sua qualità di tesoriere del partito), stipulata nel 2008 solo in chiave “anti-Genovese”, poggia su gambe sempre più malferme. Ormai sembra che si cerchi il pretesto per far saltare il tavolo e, a quel punto, sarebbe quasi inevitabile il ricorso alle urne. Buzzanca, nei giorni scorsi, lo ha detto con chiarezza: «Se cambiano le condizioni che hanno dato vita al “patto per la città” stipulato davanti agli elettori, si torna a votare, io non sono disponibile ad alcun ribaltone». L’Udc appare come un equilibrista sul filo: «Buzzanca vada avanti, noi rispettiamo i patti – ha dichiarato di recente in consiglio comunale il capogruppo Bruno Cilento –, ma sul doppio incarico siamo stati sempre coerenti: il nostro vicesindaco, Giovanni Ardizzone, ha rimosso subito la causa d’incompatibilità, lo stesso dovrebbe fare il sindaco». La scelta che viene chiesta a Buzzanca è di dimettersi non da sindaco, ma da deputato regionale, eppure il primo cittadino continua a “resistere”. «È una chiara manovra politica contro la mia persona e ho il diritto di non essere d’accordo e di difendermi», ha ribadito ieri. La sensazione colta già nelle scorse settimane, resa ancor più concreta dagli ultimi sviluppi, è che Buzzanca attenda l’inaugurazione dell’opera-simbolo del proprio mandato amministrativo, gli svincoli Giostra-Annunziata, prima di arrivare al “redde rationem” e di togliersi parecchi “sassolini” dalle scarpe. Anche se il sindaco ha ripetuto più volte di voler restare, nel caso di una scelta obbligata, alla guida di Palazzo Zanca, l’ipotesi più probabile è quella contraria: che Buzzanca resti all’Ars, dopo aver dichiarato che non ci sono più le condizioni per poter andare avanti nell’amministrazione della città. Ciò comporterebbe inevitabilmente il terzo periodo di commissariamento (quanto lungo?) di Messina nell’arco dell’ultimo decennio. Il dibattito sul “doppio incarico” è stato rinviato al 12 dicembre. Le opposizioni, che avevano presentato un ordine del giorno firmato da ben 22 consiglieri, non hanno certo fatto una bella figura. I banchi semivuoti dell’aula consiliare sono l’immagine di un fallimento che se riguarda la maggioranza a sostegno della giunta Buzzanca, coinvolge anche i gruppi del Centrosinistra, incapaci di trovarsi compatti su una proposta politica alternativa a quella del Centrodestra. Lo ribadiamo: si avvia a conclusione una delle più malinconiche stagioni politiche degli ultimi decenni. LUCIO D’AMICO - GDS
Il fondo anticrisi e quel “convitato di pietra” (l’Ascom).
La Provincia ha incrementato di 300 mila euro il proprio fondo anticrisi a sostegno delle piccole e medie imprese, ma il sistema di supporto rischia una frenata. Il meccanismo, che si sviluppa grazie al tramite delle Confidi, è stato creato nel 2010 dall’assessorato provinciale alle Attività produttive su iniziativa dei gruppi d’opposizione in consiglio provinciale. Al progetto hanno aderito lo scorso anno Confidi Sicilia, Confarfidi e Ascom Service. L’assenza di un rappresentante di quest’ultima associazione di imprese, ha destato perplessità nel corso della conferenza stampa di ieri mattina. Perplessità trasformatasi poi in imbarazzo al diffondersi della notizia dell’ordinanza di custodia destinata all’on. Roberto Corona. Il Pd, con il suo capogruppo Pippo Rao, ha annunciato che lunedì chiederà una verifica sul sistema. Anche l’amministrazione, rappresentata dal presidente Nanni Ricevuto, sarebbe pronta ad avviare un’analisi a fini cautelativi. L’incremento finanziario di risorse nel fondo, illustrato ieri, era stato sancito con l’apposizione di alcune modifiche e integrazioni al protocollo d’intesa firmato con le Confidi. Una mossa strategica destinata principalmente alle aziende che operano nell’area tirrenica, colpita dall’alluvione del 22 novembre scorso. Inoltre, come annunciato dall’assessore Giuseppe Martelli, per questa nuova tranche il tetto di garanzia è stato aumentato da 50 a 100 mila euro. Le risorse emesse vengono destinate all’acquisto o alla ristrutturazione di immobili, oppure per la sostituzione delle attrezzature aziendali. Il sistema di sostegno non è molto complesso: l’impresa chiede un prestito alla Banca attraverso i Confidi, che devono esprimersi sulla bontà del piano di intervento. Completato l’esame di tutte le istanze pervenute, il Comitato di valutazione redige una graduatoria sulla scorta dei punteggi attribuiti alle imprese e, conseguentemente, viene trasmesso alla Banca l’elenco dei beneficiari del prestito. A questo punto l’istituto provvede a erogare il 100% del contributo richiesto, detratto il 15% a garanzia, e contestualmente chiede alla Confidi la fidejussione del 50% dell’intero prestito. La Confidi, garantita la Banca con la polizza richiesta, provvede a versare nel fondo rischi 1/15 dell’importo già detratto a monte dalla Banca a titolo di garanzia. A questo punto interviene invece la Provincia che, a sua volta, versa nel fondo rischi il 50% della cauzione pari a 1/30 che viene restituita all’impresa. L’altro 50% (1/30) della cauzione rimane nel fondo rischi. All’estinzione del mutuo, l’impresa provvederà a restituire il 50% della cauzione alla Confidi che la riaccredita alla Provincia. Emanuele Rigano - GDS

IL PROFILO DELL’ONOREVOLE CORONA: Dalla Dc al Pdl, il mondo del commercio come area di caccia.
Associazione per delinquere, ostacolo all’attività di vigilanza della Banca d’Italia, esercizio abusivo dell’attività finanziaria, bancarotta fraudolenta: ipotesi di reato che sarebbero maturate nei vari periodi in cui è stato amministratore delegato, direttore generale e presidente del Cda dell’Ascom.
Per Roberto Corona, Robertino per tutti coloro i quali gli gravitano intorno dai tempi della Dc, commendatore “Al merito della Repubblica” dal ‘98, inizia la partita più difficile della vita: quella della credibilità. Dell’illecito che si assume in sé e che si indossa come sistema o del clamoroso cortocircuito che ben che ti vada ti risucchia in un pantano giudiziario che conduce all’ostracismo. Del vicerè osannato e riverito che si ritrova nudo e che nudo rischia di restare se non riuscirà a dimostrare estraneità ai fatti contestati. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere gliel’hanno notificata ieri mattina all’hotel Ambasciatori di Roma: una doccia gelata. Il tempo di rassicurare la famiglia, poi collegamenti interrotti e avvocati subito al lavoro. Curriculum profluviale, carriera di successo, un passo dopo l’altro. Da fido soldatino di padroni del consenso a preferenza multipla a capocorrente, fino all’approdo all’Ars: tra politica, prima e seconda repubblica, e si stava affacciando con slancio al post-berlusconismo sotto l’egida del nuovo leader azzurro ma suo antico e fortunato punto di riferimento, Angelino Alfano, e finanza. Cresciuto alla scuola di Nino Gullotti e Peppino Astone, azionisti di maggioranza dello scudocrociato messinese, Corona, uno dei pupilli con Pippo Naro, uno capogruppo alla Provincia e segretario provinciale, l’altro presidente di Palazzo dei Leoni ed oggi parlamentare Udc indagato per finanziamento illecito al partito, ha goduto di addentellati di prim’ordine. Un rapporto privilegiato l’ha avuto a lungo, ad esempio, con Sergio Billè, presidente della Camera di commercio peloritana e poi della Confcommercio nazionale finito clamorosamente nei guai anni addietro: altro re denudato e sbugiardato. Memorabile resterà la frase pronunciata a giustificazione del quadro di Canaletto scovatogli in casa dalla polizia giudiziaria durante una perquisizione: «ce l’ho in comodato d’uso». Dopo la segreteria Dc, o forse contestualmente, la Camera di commercio di Messina e l’Unione generale dei commercianti sono stati un po’ il salotto e un po’ il trampolino di Corona, autentico terreno di caccia e di pascolo. Potere sottotraccia, possibilità di far leva su flussi di denaro, rapporti trasversali – destra, sinistra, categorie professionali, sindacati –, strategie silenti. Corona è sempre stato considerato il vero dominus di piazza Cavallotti, dove non si muove foglia che lui non voglia. E Corona cresceva. Le urne con rotta palermitana gli riservavano qualche dispiacere, ma cresceva. Si scopriva appassionato di basket fino a diventare presidente della Ascom Finance di Patti, sua città elettiva sebbene originario di San Marco d’Alunzio, dove è nato 65 anni fa, e sostenitore del Messina Calcio dei tempi belli attraverso la campagna pubblicitaria “Una stella in più”: il mondo del commercio locale mobilitato per i colori giallorossi e accarezzato da Corona ospite a ogni pié sospinto negli studi delle tv dell’area dello Stretto. Il volo nel consesso politico che conta lo spicca nel 2008 dopo una vita passata in consigli di amministrazione, collegi sindacali, giunte esecutive e incarichi d’ogni risma, superata una campagna elettorale regionale andata male: nel 2006 era stato primo dei non eletti in Forza Italia. Tre anni e mezzo fa il boom tra le file del Pdl: 14.596 voti, oltre cinquemila e passa in più rispetto alla precedente esperienza. Corona era arrivato laddove voleva arrivare e non poteva più esserci tavolo di trattative che non lo dovesse vedere protagonista, anche perché lui tra i berlusconiani era tra in pochi a poter dire nel Messinese d’essere in possesso di voti veri, molti altri godevano e godono di cooptazione. Componente nel corso dell’attuale legislatura a Sala d’Ercole delle commissioni Attività produttive, Cultura-Formazione e lavoro, Servizi sociali e sanitari, Corona ha da ultimo assunto l’incarico di segretario della commissione Antimafia. Conta uomini in molte giunte comunali della provincia e sindaci di centri importanti sono a lui vicini. Nel Pdl qualcuno gongolerà ma per una porzione del partito l’arresto di Corona è evento di portata grave e disorientante. Stava lavorando con il sindaco di Messina, Buzzanca, alla preparazione del primo congresso azzurro. Corona ha infatti assunto dal alcuni mesi anche la carica di co-coordinatore provinciale pidiellino. Le manette ne stroncano l’ascesa in una fase in cui carico d’acqua sembrava essere il fiume del successo, ma gli argini non hanno retto. FRANCESCO CELI - GDS

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