Stamattina su La7 è ricomparso un personaggio che sembrava essere stato sepolto sotto le scorie del regime, uno dei più squallidi, servili e sconclusionati sottocoda del cavaliere che speravamo non dover più vedere e ascoltare: Stracquadanio. Il riaffacciarsi del disperso tra i gorghi della pessima politica che è poi il suo habitat naturale, non è però casuale e destinato a provocare solo momentanei conati, è invece segno che nuovi equilibri stanno nascendo.
Confrontando l’intervista che Berlusconi si è fatto fare da Ft e quella di Monti a Repubblica ne viene fuori una evidente identità di vedute, sottolineata anche dal fatto che Silvio parla al giornale che è sempre stato suo avversario e Monti a un quotidiano che fino a qualche mese fa era su posizione avverse al neoliberismo.
Dunque non è poi tanto sorprendente che il soldato Stracquadanio, dopo aver strillato al colpo di stato per l’uscita di scena del Cavaliere, ora si ripresenti nelle vesti di tifoso di Monti. Certo l’uomo è di quelli che venderebbe la madre ai beduini pur di conservare poltrone e privilegi: in tutta la sua vita non ha fatto altro. Ma proprio per questo il suo mestiere l’ha imparato e non se ne verrebbe fuori con una capriola del genere se questa non desse garanzie di terminare su un terreno solido, quello di un centro destra non più imperniato sul Cavaliere, sul partito aziendale e personale, ma su Monti, le banche e la finanza.
Berlusconi sa di non essere più gradito fuori d’Italia a quei poteri che ormai condizionano pesantemente il Paese, sa di aver perso appeal dopo gli ultimi tre anni disastrosi e tragicomici: probabilmente si sarà reso conto che gli conviene giocare la carta della golden share sul futuro governo eletto grazie alla quale conservare il suo impero. Del resto non è che l’esecutivo stia facendo cose così diverse da quelle che lui avrebbe fatto se non fosse stato ossessionato dal consenso mella sua forma più semplice e primitiva. L’identità di vedute è sostanziale.
Cambia semmai il contesto, da quello aziendale al più impersonale ed elusivo potere finanziario, frazionato in lobby e alla fine dipendente da fuori. Anche in questo caso troviamo la strana coincidenza tra due scandali: quello di Lusi venuto fuori da una segnalazione della Banca d’Italia e quello di Conti, il senatore pidiellino che si comprato e rivenduto un palazzo in un giorno guadagnandoci 18 milioni, il tutto grazie agli occhi accuratamente chiusi di Banca Intesa che ha venduto l’immobile in questione sotto costo e senza pretendere neppure un euro a garanzia. Tra le due vicende non c’è alcun nesso se non quello evidente del ruolo sempre maggiore giocato in politica dal milieu finanziario che provvede sia a denunciare lo sperpero del finanziamento ai partiti, dall’altro a finanziare il personale politico di sua fiducia, a danno comunque dei cittadini, visto che la plusvalenza di Conti è stata guadagnata sulla pelle di un ente previdenziale.
Cambia il contesto, ma non la situazione che vede sempre la politica – ammesso che in qualche parte sia sopravvissuta – in condizione sussidiaria e ancillare, cosa che del resto capita quando l’apparato si sostituisce alle idee. Talmente ancillare che è proprio uno Stracquadanio a compiere i primi annunci di quello che Libero chiama il Berlusmonti. O Monlusconi, o Montoni. Ci si può sbizzarrire coi nomi, tanto e sempre quella roba la: l’oligarchia dei potenti. semplicissimus
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