Dicono che la Chiesa sia in crisi e certo dev’essere un momento terribile se un papa arriva a dimettersi. Ma se questo è il segnale più clamoroso di un malessere che ormai è malattia conclamata, ce ne sono altri assai meno appariscenti che ci dicono di più riguardo alla natura dell’infezione che sta diventando sistemica.
Il cardinale O’ Brien, per esempio, ha ammesso l’esistenza di quei “comportamenti inappropriati” che in soldoni consistevano nel tentativo di ingropparsi i suoi sacerdoti.
Uso appositamente una formulazione osca e atellana per mettere in luce l’intrinseca volgarità della formulazione con cui le gerarchie hanno affrontato il problema dell’omosessualità del cardinale mostrando un’ipocrisia verbale che grida vendetta al confronto della maledizione quotidiana che viene scagliata contro i gay. Ma di certo le vicende del prelato britannico non sono inedite e non ci dicono nulla di nuovo riguardo al male oscuro di santa romana chiesa . L’indizio interessante viene invece dalle parole con cui O’ Brien ha fatto pubblicamente la sua confessione: ‘’Ci sono stati momenti in cui la mia condotta sessuale e’ stata sotto gli standard a me richiesti in quanto sacerdote, arcivescovo e cardinale”.
Quando un pastore di anime comincia ad esprimersi come un consigliere di amministrazione, non parla di peccato e di pentimento ma di standard secondo quell’orribile gergo anglo aziendale inventato per conferire nobiltà a mestieri assai più plebei e sedurre la scarsa fantasia dei citrulli, vuol dire che si è persa ogni reale dimensione di fede. Vuol dire che il gregge del signore è ormai assimilato alla clientela di un prodotto e le gerarchie a un ufficio di customer service, di quelli tra l’altro che non risolvono mai il problema: “ci scusiamo per il disagio”, “il servizio tecnico è occupato causa pedofilia”, ” prema uno per conoscere le nostre nuove offerte, due per mancato pagamento otto per mille, tre per parlare con un nostro operatore”.
Se O’ Brien fosse un vero cardinale si vergognerebbe molto meno di aver fatto la mano morta ai suoi pretini che a parlare di standard richiesti che sarebbe poi la castità: perché si sa che la carne è debole, ma almeno lo spirito dovrebbe essere abbastanza forte da abbandonare un linguaggio ipocrita e vuoto. Però è quello oggi in voga nella chiesa dove l’inconsistenza rituale si alterna all’anatema o al burocratese: “bip… dio è momentaneamente assente, rimanga in linea per non perdere la precedenza”. (simplicissimus)
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